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sabato 10 aprile 2010

LISBOA - Day 1 - pt. 3: Lisbona, finalmente

sì, finora il resoconto del viaggio a lisbona è stato una (mezza)truffa, lo so.
e non credete che migliori col tempo.
tuttavia, quantomeno ora cominciano i disegni fatti in loco.

dunque, dicevo che incontro la cate fuori dall'aeroporto. non ci vediamo/sentiamo da mesi, quindi il viaggio in pullman è sostanzialmente un flusso di coscienza di aggiornamenti, interessamenti, ragguagli, come ci troviamo, cosa facciamo, cosa fanno, perchè, secondo te, secondo me, discorsi pieni, discorsi evitati.
a casa (bellissima! in fantastica zona, peraltro) conosco carla, la coinquilina, di cui non dirò che è simpaticissima né altro solo per non fare della piaggieria.

l'atmosfera è esattamente quella che mi aspettavo fosse quella che avrebbe potuto circondare la mia cara amica in erasmus: un sacco di chiamate, appuntamenti, cene stabilite, annullate, rimandate. ci ritroviamo con federica (giovane sarda che si diverte a maneggiare esplosivi di diverso potenziale) a fare una cenetta a tre in un vero ristorante tipico, dove il cameriere (che è anche il fratello tarato del gestore, che è il marito della cuoca), di nascosto, ci sconsiglia uno dei piatti sul menù. assaggio il miglior salmao della mia vita. purtroppo non ho il coraggio di disegnare né il posto, né gli avventori, né il terzetto familiare del ristorante. ma ci saprei tornare, quindi nulla è perduto.



qui la sorpresa: ti va di andare al chapitò? non ho la minima idea di cosa possa essere, quindi sì. è una figata. un posto dall'architettura improbabile, quasi labirintica, che si snoda e si articola in un gran numero di sale, chioschi, stanze, casette ognuna dedicata ad un qualche tipo di attività artistica/artigianale/sociale/ricreativa. ad esempio ci sono dei teatranti che impersonano personaggi assurdi in giro, che non escono dal personaggio manco a pagarli, come guardie reali britanniche, ma senza cappellone peloso.
probabilmente un tempo era una sorta di stazione di bagni turchi o qualcosa del genere (almeno considerando le diverse vasche vuote, una delle quali usata come palco dal gruppo di cui sotto, dai pertugi in stile mediorientale e dalle edicole con colonne incise all'islamica).
la sorpresa nella sorpresa è il fantastico concerto jazz che ci accoglie. giubilo. carla quasi si giustifica "di solito veniamo la domenica, c'è musica africana e gente tanto stipata da gonfiare le pareti". ringrazio il mondo che ha fatto sì che fosse venerdì.
al buio (come si può notare dalla resa non proprio ineccepibile) cerco di ritrarre il quartetto jazz (batteria-pianoforte-basso-clarinetto).



scopro con disappunto che siamo praticamente tutti italiani. le ragazzine intorno, altri avventori, addirittura il pianista del gruppo, che alla fine mi chiede l'indirizzo (vuole il disegno, almeno una scansione) per poi mai più scrivermi.
anche le ragazze che disegno, scopro poi essere italiane. la prima la faccio involontariamente molto brutta, così compenso rendendo la seconda più carina.
la mano pianofortica è per riempire la pagina (già è cominciato il raptus di autismo che mi fa pesare come un macigno ogni minuto in cui non traccio segni su un foglio).
vabbè. direi che per stasera non poteva andare meglio.
lisbona mi ha accolto superando ogni aspettativa.
chissà domani: il programma pare sia la feira da ladra.

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